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Biagio – Conferenza stampa con Pasquale Scimeca e Marcello Mazzarella

24/10/2014 | Interviste |
Biagio – Conferenza stampa con Pasquale Scimeca e Marcello Mazzarella

L’ultimo film italiano in concorso nella sezione Cinema d’Oggi del Festival di Roma, Biagio di Pasquale Scimeca, è stato presentato questa mattina nella sala Petrassi dell’Auditorium.
La pellicola narra la storia di Biagio Conte, il famoso missionario laico di Palermo, del suo percorso di vita, delle sue scelte radicali e rivoluzionarie che ne hanno fatto uno dei pochi uomini giusti che ancora abitano su questa terra.
Appartenente a una famiglia benestante palermitana , intorno ai 25 anni, si guarda intorno “la gente moriva per strada, la violenza e la paura era impresse sulle facce e nelle cose e l’unico Dio era il denaro… tutto questo mi feriva profondamente e mi faceva stare male, il non poter far niente mi angosciava… Ma consentitemi almeno di non essere complice di tutto questo male!”
Biagio lascia gli agi della sua giovinezza e se ne va sulle montagne dove vive da eremita. In solitudine inizia a sentire quel bisogno di spiritualità e a cercare Dio. E lo trova attraverso la mediazione di San Francesco. Dopo un viaggio a piedi fino ad Assisi, torna a Palermo e si ferma alla stazione dove per anni vive e assiste i barboni: dà loro dignità e speranza, li chiama “fratelli”. E i fratelli diventano sempre più numerosi, la stazione non basta più. Così Biagio occupa l’ex disinfettatoio di via Archirafi in abbandono e fonda la Missione di Speranza e Carità. Attorno a lui cresce la solidarietà della gente e la Missione diviene sempre più grande e le persone che vi vivono sempre più numerose.

Alla conferenza stampa di presentazione erano presenti il regista Pasquale Scimeca e lo straordinario protagonista Marcello Mazzarella, oltre che gli altri componenti del cast, Doriana La Fauci, Silvia Francese, Vincenzo Albanese e Omar Noto.

La prima domanda è per il regista. C’è un personaggio importante nel film, oltre al protagonista, ed è l’intervistatore che nella parte finale vediamo lasciare un hotel di lusso e fare anche lui l’esperienza della Missione di Speranza e Carità di Biagio Conte. Chi rappresenta questo personaggio?
Pasquale Scimeca: “Questo film vuole raccontare Biagio ma non vuole essere un tentativo di capire meglio cosa ci sta succedendo, la nostra crisi non è solo economica ma è anche culturale, di valori. La vicenda di Biagio è un po’ il paradigma della nostra società, rappresenta il problema della civiltà del consumismo, Biagio fugge da questa civiltà che pone il dio denaro al centro di tutto e inizia il suo percorso da pellegrino, e quando ritorna alla civiltà ci ritorna da uomo libero, “un umile frate francescano”come si è definito e capisce che si possono ribaltare i valori del nostro tempo. Questa figura di intervistatore che si reca nella Missione di Speranza e Carità sono io stesso e l’esperienza di Biagio mi ha fatto capire che bisogna avere coraggio di fare scelte drastiche e recuperare quei valori che tutti noi dobbiamo cercare di raggiungere”.

Ancora per il regista. Biagio si può definire un “resistente”. Quale poteva essere l’urgenza di una testimonianza forte, come colpire lo spettatore?
Pasquale Scimeca: “Biagio non lo definirei un ‘resistente’, è uno dei pochi rivoluzionari veri che io conosca, perché si è messo in discussione concretamente. Il problema della ricerca della religiosità è uno dei problemi essenziali del nostro tempo, noi abbiamo espulso la religiosità, abbiamo fondato società che si basano solo sui beni materiali. Il bisogno di spiritualità non può essere espulso, è un bisogno che riguarda soprattutto noi uomini del terzo millennio che abbiamo bisogno di guardare a questi temi con occhi nuovi. La fede è un dono prima di tutto che va curato ma bisogna saperselo conquistare. La fede non è qualcosa di astratto ma completamente concreto. Per raggiungere la fede bisogna passare attraverso la mediazione di Gesù che si è fatto uomo, ha sofferto e si è sacrificato per noi, Gesù ci dice parole semplici e si esprime attraverso parabole che sono raggiungibili da tutti. A partire dal primo comandamento “Ama il prossimo tuo come te stesso”.

Biagio è una persona vera, che esiste. Ce ne può parlare? Come ha fatto a trovare i soldi per un film di questo genere oggi?
Pasquale Scimeca: “Parto dalla seconda domanda. Questo è un film povero, è costato più o meno 600.000 euro, una parte ce li ha dati attraverso un bando la Sicilia Film Commission, una parte la Banca di Credito Cooperativo del Nisseno (un rappresentante è presente alla conferenza e il regista lo ringrazia pubblicamente), in più abbiamo avuto il contributo del Mibac come Film di Interesse Culturale Nazionale, il resto ce lo abbiamo messi noi, noi abbiamo una piccola società di produzione che fa film da 25 anni ma non è stato facile. Facciamo pochi film, e un passo alla volta, con entusiasmo.
Per la prima domanda, Biagio è una personalità tra le più conosciute e amate dalla gente povera in Sicilia, lui aiuta tutti. Mi sono chiesto come raccontare Biagio e devo dire che Marcello è stato bravissimo, Biagio si definisce un fraticello umile, è difficile che concede interviste, è un uomo che dedica la sua esistenza a queste mille e passa persone che vivono nelle sue tre comunità. Lui vive questa contraddizione perché il suo bisogno vero è di fare l’eremita però sentendosi francescano si sente di aiutare gli altri. Questa doppia anima e il desiderio di dedicare la propria esistenza agli altri è il suo modo di stare al mondo. Lui ha vissuto molte sofferenze, è stato più di cinque anni su una sedia a rotelle ma ha una serenità di fondo che ti contagia. Le sue forme di protesta sono ‘gandhiane’, lui non è mai arrabbiato e questo gesto di caricarsi la croce sulle spalle che ha fatto di recente andando in giro a Palermo è stato un gesto bellissimo, non lo fa per esibizionismo, lui non voleva neanche che facessimo questo film!”.

La Chiesa ha avuto riconoscimenti per lui che è un laico?
Pasquale Scimeca: “Si, la Chiesa lo ha riconosciuto, certo l’ordine non è riconosciuto ma lui ha dei buoni rapporti con i vertici e con il vescovo di Palermo e oggi è in perfetta sintonia con la parola di Papa Francesco”.

Come ha costruito la sceneggiatura e quanto è stato cambiato sul campo?
Pasquale Scimeca: “Per me la sceneggiatura è sempre un luogo intermedio, c’è ma poi le cose nascono da sole. Molte cose nascono dall’esperienza perché siamo in tanti a fare il film. Il film nasce quasi per magia. Magari alcune cose che pensavo marginali sono diventate nel racconto o viceversa”.

Una domanda per l’attore protagonista Marcello Mazzarella. Quanto hai appreso per calarti in questo mondo dal contatto con Biagio? Sei stato nella sua comunità?
Marcello Mazzarella: “Avvicinarsi a Biagio Conte è la cosa più semplice che possa accadere, ma durante la lavorazione del film, Pasquale mi ha suggerito di evitare l’incontro con Biagio anche perché lui non voleva che questo film fosse fatto, quasi lo riteneva un peccato d’orgoglio.
Devo comunque risalire indietro negli anni per rispondere. La prima volta che ho incontrato Biagio è stato in televisione in Francia, per una piccola beneficienza. Quando lo vidi fui totalmente scosso perché sono sempre stato affascinato dalla figura di San Francesco e poi perché avevo voglia di raccontare dei siciliani che ci fanno onore. Questi siciliani ci sono e ce ne sono tanti. E poi la cosa più importante è che anche io sono stato un “ultimo”, anche io ho avuto drammi nella mia vita che mi hanno portato qui a Roma a vivere difficoltà enormi e a vivere come un barbone. Sono stato accolto dalla Caritas e dalla Comunità di S. Egidio. Poi la mia fortuna è stata che mi ha notato il grande regista Raoul Ruiz e mi ha voluto per la parte di Proust in un suo film (Il tempo ritrovato) e la mia vita è cambiata. Quando ho visto il volto di Biagio, ho visto una specie di alter ego che mi permette di associare i fantasmi che avevo nella mente, mi hanno sempre colpito tutte quelle persone che mi hanno fatto del bene. Io oggi rinnovo quel messaggio che porta Biagio: quello che farete ai poveri lo farete a me. Oggi sono un attore ma io vissuto delle grandi difficoltà”.

Elena Bartoni                
 

 


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